La cucina tradizionale della Valle Fantastica era semplice cucina di montagna, pensata per sfruttare al meglio le risorse offerte dalla natura nelle diverse stagioni. Le patate erano un alimento fondamentale, anche nella stagione invernale: conservate nel buio delle cantine, si prestavano a una grande quantità di preparazioni, in accompagnamento con formaggi o lardo. Il frit gris era una ricetta tipica e veloce: prevedeva la bollitura di patate e delle foglie di coste, affettate in un secondo momento e saltate in padella con cipolla tagliata fine.
In autunno si integravano castagne e nocciole e in estate e primavera una maggiore varietà di ortaggi ed erbe selvatiche. I più apprezzati erano gli ortaggi a lunga conservazione, come porri, rape, fagioli (spesso cucinati in umido col lardo) e zucche (molto amate nella minestra, con riso e patate). Il consumo di carne era limitato alle occasioni speciali, mentre la polenta in tavola non mancava mai e veniva servita con fantasia: per esempio coco an bruhquet, con uova strapazzate, latte e aceto. O nella tipica baula, una palla di polenta con dentro un pezzo di toma.
Gli unici cerali coltivati in Valle erano l’orzo e la segale, che costituiva la base per il pane nero, preparato nel forno comunitario presente in ogni borgata. E quando il pane si faceva raffermo, diventava un’ottima base per la supà de coi, la zuppa di cavoli, cotta al forno. Una ricetta molto usata anche in occasione del Giorno dei Morti.
La poca carne consumata proveniva dagli animali allevati in casa: brodo di gallina, gallo in umido, coniglio. Una giornata di pesca fortunata nei torrenti poteva portare in tavola un’ottima trota, cotta poi col burro. E per concludere il pasto, li matafam, le tipiche frittelle di mela, preparate cuocendo al forno le mele con la buccia.